La cura degli attacchi di panico e dell'ansia riveste una grande importanza clinica sia per il crescente numero di persone coinvolte ( si stima che in Italia otto milioni di persone soffrono di attacchi di panico) che per il disagio e la sofferenza che questi comportano. Gli attacchi di panico, nella maggioranza dei casi, rispondono bene sia all’approccio psicoterapeutico, considerata trattamento di elezione dall’ APA (American Psychiatric Association), che farmacologico; è anche possibile un approccio integrato delle due terapie.
L’approccio farmacologico (psicofarmaci) anche se spesso risulta efficace, ha l’inconveniente di “tamponare” i sintomi lasciando inalterate le vere fonti degli attacchi di
panico inoltre, alla sospensione del farmaco, spesso il disturbo si ripresenta gettando nello sconforto la persona. Gli effetti collaterali degli
psicofarmaci, spesso mal tollerati dal panicoso, rappresentano un altro inconveniente di questo approccio. La psicoterapia, anche se a breve termine più costosa rispetto ai farmaci,
risulta dai dati scientifici la cura più efficace per il disturbo di panico. La differenza sostanziale tra l’approccio psiterapeutico e l’approccio psicofarmacologico nella cura
degli attacchi di panico consiste nella presa di coscienza da parte del paziente dei fattori che contribuiscono ad innescare e a cronicizzare le crisi di panico.
La storia personale è una variabile importantissima per capire la natura degli attacchi di panico, essa ci aiuta a capire perché un individuo teme di impazzire mentre un altro teme l’infarto e, un altro ancora, di svenire. Come si deduce la cura del panico non può prescindere da tutti questi aspetti specifici e personali. La psicoterapia spiega alla persona il ruolo dell’ansia nell’innesco del panico, il ruolo dello stress, della personalità, dell’iperventilazione, degli evitamenti nella cronicizzazione del disturbo. La cura dagli attacchi di paniconon può prescindere dall’analisi dei pensieri catastrofici che fanno interpretare i segnali dell’ansia come eventi terribili quali l’infarto, la pazzia o la perdita di controllo.
L’esposizione graduale agli eventi temuti è uno degli strumenti chiave nella cura degli attacchi di panico secondo l’approccio della psicoterapia cognitivo comportamentale, attraverso l’esposizione la persona ha la possibilità di smentire l’ipotesi catastrofica temuta ed inizia pian piano ad riappropriarsi della propria vita.
Qualsiasi sia l’approccio di cura degli attacchi di panico è consigliabile diffidare da pseudo terapie e “santoni” che offrono soluzioni e rimedi non sempre a buon mercato e, soprattutto, inefficaci se non dannose. L'approccio terapeutico utilizzato nel mio studio segue il seguente protocollo:
· ricostruzione dell’evoluzione del disturbo (in sede di assessment va indagato l’esordio del disturbo fino ad arrivare ad una minuziosa descrizione dello stato del momento; elaborazione del contratto terapeutico il cui contenuto deve prevedere gli obiettivi condivisi, le regole generali della terapia ed accordi di altra natura (pagamento, durata della seduta, homwork etc.)
· a partire dalla disamina degli episodi di “panico” più recenti va ricostruito lo schema del funzionamento del disturbo; attraverso questa procedura è possibile condividere con il paziente informazioni circa i fattori che innescano e mantengono gli attacchi di panico. Lo schema rappresenta una specie di “mappa” che può orientare il paziente a capire quello che gli sta succedendo nel corso di un attacco di panico, in questo modo lo schema ha anche la funzione di “normalizzare” un esperienza, l’attacco di panico, che oltre ha essere vissuta con terrore viene spesso interpretata come la prova di un imminente follia ( la valutazione di sé come non normale, vicino alla follia, spesso aggrava la sintomatologia e i vissuti depressivi del panicoso).
· Individuazione delle credenze errate che innescano l’escalation del panico e messa in discussione delle stesse ( ad esempio, la convinzione che la tachicardia sia il segno di un imminente infarto o che la confusione mentale sia la prova della follia)
· acquisizione di competenze e tecniche finalizzate a migliorare la gestione dell’ansia (respiro lento, rilassamento muscolare progressivo etc.)
· esposizione graduale agli stimoli ritenuti pericolosi ( tutti i pensieri, le situazioni e le occasioni in grado di innescare un attacco di panico e quindi tendenzialmente evitati dall’individuo); le esposizione possono riguardare luoghi e/o situazioni (ad esempio, fare la coda in un supermercato, prendere i mezzi pubblici o l’auto, recarsi in specifici posti etc.) o sensazioni somatiche ( questa forma di esposizione consiste nel ricreare quelle stesse sensazioni (innocue) che spesso, venendo interpretate erroneamente, innescano l’attacco di panico, lo scopo di queste esposizioni “interne” è quello di decatastrofizzare normali sensazioni somatiche prodotte dall’ansia: tachicardia, sudorazione, vertigini, vampate, confusione etc.)
· prevenzione delle ricadute
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